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MOSCHE al Forte dei Borgia di Nepi

Da Jean Paul Sartre di  Pina Catanzariti 
Con  Roberto Andolfi, Claudia Frisone, Annarita Colucci, Dario Carbone, Raffaele Gangale
Musiche  Lifepods Con interventi dal vivo di  Mira e Jason La Mecca
Regia di Marcello Cava

Comune di Nepi

Ero venuto a reclamare il mio regno e mi avete respinto perché non ero dei vostri. Ora sono dei vostri, siamo legati dal sangue e io merito di diventare il vostro re. Le vostre colpe e i vostri rimorsi, le vostre angosce notturne, il crimine di Egisto, tutto è mio, mi prendo carico di tutto. Non temete più. I vostri morti, sono i miei morti. E guardate, le vostre fedeli mosche vi hanno abbandonato per me. Non abbiate paura, non siederò tutto sanguinante sul trono della mia vittima. Un Dio me l’ha offerto, ho detto di no. Voglio essere un re senza terra e senza sudditi. Addio, cittadini, cercate di vivere. Tutto è nuovo qui. Tutto sta per cominciare. dal testo di Pina Catanzariti 

Scritto da Sartre nel 1942, è il tentativo di attualizzazione del testo tragico dell’Orestea di Eschilo fatto, durante la Seconda Guerra Mondiale, dallo scrittore e filosofo francese. Sartre scrisse quella che, di fatto, è stata la sua prima opera teatrale che ha il suo senso proprio nella Parigi occupata dai nazisti del 1945. “Il vero dramma, quello che ho voluto scrivere, è il dramma di un terrorista che, uccidendo per strada dei tedeschi, provoca l’esecuzione di cinquanta ostaggi” (da:un théatre de situations pp223) allusione evidente agli orrori dell’estate 1941, e insieme presa di posizione nel dibattito che opponeva partigiani e detrattori dei morti innocenti. Ambientando il dramma in una città, Argo, che annualmente si ritrova faccia a faccia coi propri defunti per una macabra cerimonia commemorativa, mentre le mosche assillano e tormentano gli abitanti, Sartre presentava la “malattia del pentimento”, fortemente avvertita da una Francia scossa dai sensi di colpa sotto il regime filotedesco di Vichy: “Argo è una città microfisicamente governata dal risentimento, una società in cui la morte di Dio ha prodotto il suo risultato più temibile, è stata interiorizzata. Non ci sono più valori superiori, né dèi né ideali: non servono più. Giove può starsene a lato” (P. A. Rovatti, (P. A. Rovatti, prefazione a J. P. Sartre, Le mosche – Porta chiusa, Bompiani, Milano 1991, p. I); op. cit., p. V).E’ una dichiarazione di attualità e pretesto e motivo per la riproposizione del testo oggi: proprio in questo anno pieno di guerre nel mondo ricorrono gli ottanta anni dalla Liberazione di Roma.